Patto di prova: quando il licenziamento è illegittimo
- Cristina Bonesi

- 15 set 2016
- Tempo di lettura: 2 min
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 17921 del 12 settembre 2016, ha affermato che nel caso di licenziamento per mancato superamento del periodo di prova, una volta accertata la nullità di tale clausola, la tutela reale od obbligatoria dipende dalle dimensioni dell'azienda, che spetta al datore provare.
Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Corte di cassazione era relativo al licenziamento per mancato superamento del periodo di prova adottato da un Centro di formazione professionale nei confronti di un docente, il quale aveva già reso le proprie prestazioni per la medesima impresa in forza di una serie di contratti a termine.
La causa del patto di prova è quella di tutelare l’interesse di entrambe le parti del rapporto a sperimentarne la convenienza, sicché detta causa risulta insussistente ove la verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le medesime mansioni, in virtù di prestazione resa dal lavoratore, per un congruo lasso di tempo, a favore dello stesso datore di lavoro.
Inoltre, il principio è applicabile ogniqualvolta il prestatore venga chiamato a svolgere la medesima attività, senza che rilevino la natura e la qualificazione dei contratti stipulati in successione e senza che in sede di legittimità possa essere censurato l’accertamento di eguaglianza effettiva delle mansioni, in quanto riservato all’apprezzamento dei giudici di merito.
La nullità del patto di prova, da cui derivano l’eliminazione della relativa clausola dal contratto e il consolidamento del rapporto a tempo indeterminato, non comporta l’applicazione delle conseguenze risarcitorie di diritto comune con riferimento all’atto di recesso datoriale, in quanto il rapporto di lavoro rimane, anche in questo caso, soggetto alla disciplina speciale sui licenziamenti illegittimi, con conseguente applicazione del regime di tutela, quella reintegratoria o quella obbligatoria, prevista in base ai livelli occupazionali dell'impresa.
Dunque, al prestatore di lavoro, sarà applicata la reintegrazione in servizio nel caso in cui il numero dei dipendenti sia superiore a 15, oppure la tutela risarcitoria compresa tra 2,5 e 6 mensilità, qualora il numero dei lavoratori non sia superiore a 15.
















































Commenti