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Appalto e somministrazione di personale: il Consiglio di Stato “suggerisce” le differenze

  • Rif. Ipsoa
  • 28 mar 2018
  • Tempo di lettura: 4 min

Per valutare la linea di confine tra appalto “genuino” e somministrazione di personale un elemento determinante è la mancanza, da parte del personale della ditta appaltatrice, di un know-how specifico, ovvero di un patrimonio di conoscenze e di pratiche di uso non comune, tale da far emergere un apporto qualitativo specifico, riconducibile all’appalto di servizio. E’ questa una delle indicazioni fornite dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1571 del 2018 nel decidere sulla questione della genuinità di un affidamento formalmente qualificato come “appalto”, ma che in realtà dissimula una somministrazione di personale.

Di recente il Consiglio di Stato è intervenuto con una interessante sentenza (n. 1571/2018, pubblicata il 12 marzo 2018) che evidenzia, in maniera puntuale, gli indici sintomatici della non genuinità di un affidamento formalmente qualificato come “appalto”, ma che in realtà dissimula una somministrazione di personale.

Appalto verso Somministrazione

Va evidenziato, in premessa, che la distinzione primaria tra le due figure contrattuali, “contratto di appalto” e “somministrazione di manodopera”, sta nel fatto che la prima (“contratto di appalto”) ha ad oggetto un’obbligazione di risultato, con cui l’appaltatore assume, con una propria organizzazione, il compito di far conseguire al committente il risultato promesso, mentre la seconda (“somministrazione di lavoro”) sottende una tipica obbligazione di mezzi, attraverso la quale l’Agenzia per il Lavoro si limita a fornire prestazioni lavorative organizzate e finalizzate dal committente. Ragion per cui, qualora l’oggetto esclusivo della procedura è la mera prestazione lavorativa, non possiamo parlare di prestazione di servizi ma di sola somministrazione di personale.

Ma andiamo per gradi e svisceriamo il contenuto della sentenza e, con essa, le differenze tra un appalto genuino ed una somministrazione di manodopera.

Indici sintomatici

In prima battuta, questi gli elementi valutati dal Consiglio di Stato per ricondurre un appalto a mera somministrazione di personale:

a) richiesta da parte del committente di un certo numero di ore di lavoro

b) inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente

c) mancata identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti del committente

d) proprietà, in capo al committente, delle attrezzature necessarie per l’espletamento delle attività

e) organizzazione, da parte del committente, delle attività dei dipendenti dell’appaltatore.

Si tratta, in parole povere, di indici attestanti il carattere fittizio dell’appalto.

Tale principi vanno evidenziati, con particolare attenzione, soprattutto nel caso di appalto endo-aziendale, caratterizzata dall'affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente.

Prestazioni richieste dal committente

Per ritenersi lecito l’appalto, uno degli elementi da evidenziare attiene alle prestazioni richieste dalla committente da identificare come “servizi” e non come numero di ore di lavoro annue, indicazione poco confacente con una richiesta di meri servigi.

Questo dato dimostra che il committente mira sostanzialmente ad integrare il proprio personale interno, in modo da garantire il regolare svolgimento delle proprie attività. In pratica, una mera ricerca di lavoratori da utilizzare per i generici scopi del committente, in chiave d’integrazione del personale già presente in organico. In definitiva, l’appaltatore non svolge alcun servizio “diverso” da una mera attività di ausilio collaborativo al personale dipendente dell’azienda committente.

Strumenti e attrezzature

Altro profilo da esaminare è la messa a dispozione dell’appaltatore dei mezzi e delle attrezzature per la fornitura del “servizio” richiesto dal committente. Laddove manchi, per l’effettuazione della prestazione della propria attività, qualsiasi supporto lavorativo, quali strumenti per effettuare la prestazione, ma addirittura quest’ultimi sono forniti esclusivamente dalla ditta committente, non possiamo parlare di appalto di servizi.

Ambito delle attività

Ulteriore obiezione sulla genuinità dell’appalto può essere mossa in relazione al fatto che l’appalto non ha avuto ad oggetto “intere linee di attività” ma singole collaborazioni in sostituzione di personale. Nel caso specifico, le prestazioni appaltate erano pienamente integrate nel ciclo di produzione degli uffici aziendali e presentavano un contenuto omogeneo a quello delle attività svolte dal personale stabilmente inserito nella pianta organica della società committente.

Le attività appaltate devono essere qualificabili come un’autonoma attività imprenditoriale. All’interno del contratto di appalto deve essere evidenziato, da parte dell'impresa appaltatrice, un progetto tecnico in cui devono essere esplicitate le modalità organizzative di svolgimento del servizio, alla luce delle esigenze definite ex ante dalla stazione appaltante nella lex specialis.

Coordinamento tra le imprese

Altro indice sintomatico dell’appalto sono le modalità di coordinamento tra le imprese interessate, laddove concepite per escludere commistioni, interferenze o sovrapposizioni tra le due realtà organizzative; ovvero per rendere del tutto evidente, anche sul piano logistico, la separazione tra le due imprese e tra le rispettive fasi della produzione.

Proprio la carenza di misure atte a scongiurare l’interferenza e la commistione tra i lavoratori, unitamente all’assenza di linee di cesura in grado di differenziare autonome fasi di produzione, fornisce ulteriore conferma della natura fittizia dell’appalto.

Competenze

Un altro elemento determinante per valutare il discrimine tra un appalto genuino e una somministrazione di personale è la mancanza, da parte del personale della ditta appaltatrice, di un know-how specifico, ovvero di un patrimonio di conoscenze e di pratiche di uso non comune (quindi di un quid pluris rispetto alla mera capacità professionale dei lavoratori già impiegati presso la società committente) tale da far emergere un apporto qualitativo specifico riconducibile all’appalto di servizio.

Potere direttivo

L’appalto genuino passa anche per la gestione dei lavoratori in capo all’appaltatore. I lavoratori impiegati nell’appalto devono seguire gli ordini impartiti dall’appaltatore. Le direttive, dunque, non dovranno essere emanate dal committente ché non dovrà ingerirsi nell’operato dei responsabili organizzativi dell’appaltatore.

Proprio il criterio dell'effettivo esercizio del potere di organizzazione e di direzione, da parte dell'appaltatore o del committente, assume valore decisivo al fine di valutare la genuinità o meno dell'appalto (vedi Cassazione n. 7796 del 27 marzo 2017).

Rischio di impresa

Deve essere presente e valutabile, nel contratto di appalto, la presenza del rischio di impresa in capo alla ditta appaltatrice. Questi possono essere i punti caratteristici per valutarne la presenza:

a. presenza di investimenti a carico dell’appaltatore, il quale si fa carico dei costi per l’acquisto e l’organizzazione dei mezzi strumentali alla esecuzione della prestazione richiesta

b. dimostrazione di un apporto di capitale (diverso da quello impiegato in retribuzioni e, in genere, per sostenere il costo del lavoro), ovvero di know-how e beni immateriali in concreto forniti dall’appaltatore, aventi rilievo preminente nell'economia dell'appalto

c. nel contratto di appalto va evidenziato che il compenso richiesto attiene al servizio offerto e non alle ore di lavoro prestate. Ciò per confermare una forma di rischio legato all’elemento organizzativo del servizio offerto

d. presenza di una copertura assicurativa a tutela degli infortuni subìti dai dipendenti.

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