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Illegittimo lo sciopero che non ha permesso al datore di lavoro di organizzarsi per limitare i danni

  • Immagine del redattore: Cristina Bonesi
    Cristina Bonesi
  • 14 dic 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

La Suprema Corte, con sentenza n. 24653 del 3 dicembre 2015, si è pronunciata sui limiti del diritto di sciopero, affermando che l’astensione dal lavoro da parte dei dipendenti è illegittima qualora i tempi e le modalità di esecuzione siano rimessi totalmente alla discrezione dei singoli lavoratori interessati, senza alcuna predeterminazione.

La vicenda trae origine da una sentenza della Corte d’appello di Firenze che aveva rigettato l’impugnazione proposta da una società avverso la pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda tesa all’accertamento negativo della legittimità di uno sciopero svolto in azienda.

La corte di appello, infatti, riteneva corretta la decisione del primo giudice, il quale aveva rilevato che le modalità di attuazione dell’astensione non erano dissimili da quelle dei cosiddetto sciopero a singhiozzo o a scacchiera e che non si era trattato di adesione meramente individuale.

La società ricorreva pertanto in Cassazione, contestando che l’astensione dal lavoro proclamata dai rappresentanti sindacali costituisse uno sciopero, mancando nella fattispecie una astensione collettiva dal lavoro, in quanto si era in presenza di una serie di astensioni individuali, tra loro slegate, finalizzate al soddisfacimento di interessi meramente personali o familiari di sospensione della prestazione lavorativa.

Orbene, sul punto la Corte ha stabilito che “il diritto di sciopero, quale che sia la sua forma di esercizio e l’entità del danno arrecato, non ha altri limiti se non quelli che si rinvengono in norme che tutelino posizioni soggettive concorrenti, su un piano prioritario o quanto meno paritario, quali il diritto alla vita e all’incolumità personale, nonché la libertà dell’iniziativa economica. L’accertamento al riguardo va condotto caso per caso dal giudice, in relazione alle concrete modalità di esercizio del diritto di sciopero ed ai parimenti concreti pregiudizi o pericoli cui vengono esposti il diritto alla vita, all’incolumità delle persone e alla integrità degli impianti produttivi”.

Nel caso di specie, i rappresentanti sindacali non avevano invitato i lavoratori ad esercitare il diritto di sciopero, indicando loro le modalità collettive dell’astensione medesima, ma avevano semplicemente lanciato il messaggio che a partire dal momento della indizione della protesta ciascuno poteva venire a lavorare se lo desiderava ed andarsene quando lo riteneva opportuno, il tutto ad esclusiva discrezione di ogni singolo interessato all’astensione.

Risultava pertanto essente il requisito della predeterminazione delle modalità di attuazione dello sciopero che, anche, laddove si fosse trattato di uno sciopero articolato nelle cosiddette forme “a scacchiera” o “a singhiozzo”, avrebbe dovuto essere esplicitato in forma particolarmente evidente.

In pratica, i rappresentanti sindacali avevano finito per abusare dell’istituto dello sciopero attraverso la proclamazione dell’astensione dal lavoro nel modo anzidetto.

Le modalità di attuazione dell’astensione non avevano infatti consentito alla parte datoriale di organizzarsi in anticipo per sopperire alle improvvise carenze di personale nei diversi reparti, tanto più che era stata rimessa ai singoli lavoratori la facoltà di decidere quando astenersi dal lavoro e per quanto tempo.

Quindi, la Corte ha rilevato come la società datrice di lavoro fosse stata seriamente esposta ai pregiudizi derivanti dall'impossibilità di prevenire i rischi sulla produttività aziendale con riferimento ai singoli reparti ove di volta in volta sarebbe stata attuata l’astensione dei lavoratori.

In definitiva, tali modalità di attuazione della proclamata astensione dal lavoro “esorbitavano dai limiti interni ed esterni del diritto di sciopero, ne snaturavano la forma e le finalità tipicamente collettive e ponevano in serio pericolo la produttività e l’organizzazione gestionale dell’azienda, per cui erano illegittime”.

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