Le aziende, per nuove assunzioni, sono obbligate ad assumere con nuova formula "indeterminato a
- Cristina Bonesi

- 2 set 2015
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Il Decreto Legislativo del 4/3/2015 n. 23, in attuazione della legge delega 10/12/2014 n. 183, (G.U. Serie Generale n. 54 del 6/3/2015), in vigore dal 7/3/2015, ha istituito il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Semplificando ai massimi, tale decreto ha previsto, per gli assunti dal 7 marzo 2015, per le aziende con più di 15 dipendenti, l’assenza della reintegra e il riconoscimento del risarcimento del danno per un importo pari a 2 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale, con un minimo di 4 sino ad un massimo di 24 mensilità, in caso di illegittimo licenziamento per giustificato motivo (sia soggettivo che oggettivo) ovvero per giusta causa.
Rispetto alla disciplina contenuta nella legge n. 92/2012 (c.d. legge Fornero), il suddetto decreto limita la discrezionalità del giudice. Infatti, ora, la sussistenza del fatto materiale rende fondato il provvedimento espulsivo, indipendentemente da come quel fatto venga valutato giuridicamente. Il nuovo regime risulta applicabile a tutti i neoassunti e per un determinato periodo ci sarà una coesistenza tra il nuovo regime ed il vecchio stabilito dal noto art. 18.
Pertanto, il citato art. 18, comunque già “revisionato” dalla riforma Fornero, risulta a tutt’oggi in vigore. Infatti, il legislatore non ha disposto la sua abrogazione, bensì un progressivo superamento. Precisamente l’art. 1, co. 1 del citato decreto 23/2015, testualmente prevede:
1. Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto. (…) In relazione a quanto sopra, l’illustre giurista Michele Tiraboschiha trattato la fattispecie di applicabilità dell’art.18 anche per i nuovi assunti.
In buona sostanza si ritiene possibile che le Parti possano pattiziamente prevedere l’applicabilità dell’art. 18 (meglio, l’applicabilità di una tutela che ricalca l’art.18, perché l’autonomia negoziale privata non ha comunque il potere di rendere applicabile una norma di legge inapplicabile) invece che il decreto 23/2015. Ciò in relazione al fatto che tale previsione “privata” potrebbe essere migliorativa per il lavoratore, rispetto alle tutele crescenti.















































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